Carlo Sgorlon, scrittore e narratore Friulano

Il Nordest

Messaggero Veneto
DOMENICA 17 MAGGIO 1998


Un libro di racconti del ‘76
Nostro Nord-Est:
a chi la paternità della definizione?

Carlo Sgorlon



Non v’è dubbio che una delle parole ormai più usate, in politica, in economia, in geografia, ma anche in molti altri settori e per le ragioni più varie, sia oggi Nord-Est.
Una volta si diceva "le Venezie", oppure "il Triveneto". Oggi non v’è giornale, parlato o scritto, in cui non campeggi dieci volte la parola Nord-Est. Vi è un boom delle parole, come delle cose, dei prodotti, degli usi e dei costumi. A volte, non si sa perché, scoppiano delle mini o maxi-mode per qualsiasi cosa possibile.
Nord- Est Nord-Est, sempre Nord-Est. La parola trionfa dappertutto, caricandosi di significati diversi, a seconda di chi la usa e per quali scopi. Bossi per esempio vede il Nord- Est come il “Grande Oriente” della Padania, e sogna di poterlo rapidamente padanizzare. Ma i leghisti veneti non ci sentono molto da quell’ orecchio; hanno San Marco sui loro gonfaloni e “San Marco!” come grido di guerra. Guardano Bossi con diffidenza, temendo che la Padania, di là da venire, o che mai spunterà, possa diventare un giorno per loro esattamene come Roma. Ora sta nascendo un Movimento del Nord-Est, ispirato da Cacciari, interprete del profondo malcontento che attraversa il Veneto per il burocratismo esasperante e il fiscalismo vertiginoso dello stato italiano.
Nord-Est, nella mente dei veneti, significa appunto soprattutto questo, insoddisfazione profonda nei confronti dell’Italia. I triveneti, da Treviso a Vicenza, da Trento a Udine, hanno creato un secondo miracolo economico. Il Veneto e ormai diventato una delle zone più ricche d’Europa, il che vuoi dire anche del mondo. Questo sviluppo straordinario è però impedito nella sua crescita ulteriore dalla scarsità di infrastrutture e dalle tasse eccessive, che arrivano a portar via a gli imprenditori due terzi dei loro guadagni.
Cacciari ammonisce da tempo che siamo sull’orlo della ribellione violenta. Ma in Italia non è ascoltato. Da Roma le cose si vedono sempre in altro modo, perchè i suoi sette colli, famosi e fatali, deformano costantemente le prospettive. Nel Nord-Est, dove non esiste disoccupazione, dove si cercano vanamente operai specializzati, dove persino i terzomondisti trovano qualcosa da fare, i meridionali scorgono più vizi che virtù: materialismo, sete di denaro, arroganza di nuovi ricchi, desiderio di separazione dalla Italia per ragioni unicamente economiche, e cose simili a queste. E ci si straccia le vesti e ci si strappa i capelli. Sta di fatto che il Nord-Est è una delle zone più ribollenti d’Italia; una delle più inquiete, più discusse, più rischiose, più ricche, più mutate o forse deformate dalla civiltà industriale.
Data questa situazione, è pressoché inevitabile che qualcuno cominci a farsi delle domande anche sulla parola Nord-Est. Come è nata? Chi ha cominciato a diffonderla? Chi ne ha determinato la fortuna? Il problema (diciamo meglio, il problemino) è già stato dibattuto più volte. Sul Gazzettino, il giornale più vicino e interessato al fatto, per ragioni naturalissime già sono apparse lettere, precisazioni, commenti, osservazioni. Nel 1986 e nell’87, sullo stesso giornale, compariva una serie di articoli di Sandro Meccoli già inviato del Corriere.
Quegli scritti erano una celebrazione del miracolo economico del Triveneto e dei suoi molti primati. Gli interventi di Meccoli erano sempre pubblicati col titolo generale di Passaggio a Nord-Est che ricordava un celebre romanzo e un celebre film americani.
Meccoli poi pubblicò gli articoli in un libro edito da Longanesi nel 1987.
E’ dunque a Meccoli che va attribuito il merito di aver creato l’espressione Nord-Est? E’ opinione abbastanza diffusa.
Recentemente il giornalista Eugenio Segalla ha accennato al fatto. Aggiungendo però che in occasione di un dibattito politico sul Nord-Est, l’arcivescovo di Vicenza, Pietro Nonis, insigne filosofo pordenonese, ex rettore dell‘ università di Padova aveva ricordato sorridendo che anche i presuli veneti usavano l’espressione per riunire idealmente non soltanto i loro colleghi dal Veneto, del Friuli e del Trentino, ma anche quello di Bressanone. Ma Nonis è stato nominato arcivescovo da una quindicina di anni, non di più.
Qualcuno aveva usato l’espressione Nord-Est anche prima di quell’ epoca? Proprio così. Nel ‘79 anno delle prime elezioni europee, il nostro collegio, che arrivava fino in Emilia, fu chiamato appunto di Nord-Est.
Io fui allora candidato per il partito repubblicano, e me la cavai onorevolmente con più di diciassettemila preferenze. Dunque il termine Nord-Est ebbe fortuna per effetto di quelle elezioni? Senza dubbio, ma...
Ci sono sempre un ma e un però, ammoniscono i saggi. Essi consistono nel fatto che in queste cose conta la priorità. Chi ha usato per primo, in modo importante e su scala nazionale, il termine Nord-Est. Anch’io avrei da dire qualche cosa in proposito. Molti anni fa curai un’antologia di scrittori friulani per le scuole medie italiane. Essa comprendeva un racconto lungo di Licio Damiani, L’occhio del dio marino, uno di
Tito Maria Maniacco ,Anabasi, e uno mio, Il colpo di pistola.
Veramente straordinario il racconto di Damiani non soltanto per il suo livello poetico, ma anche perché anticipava il più importante ritrovamento archeologico dei nostri tempi in Italia: ossia le due stupende statue di bronzo rinvenute nel mare di Riace. E’ il caso di segnalarlo ancora ai lettori. Anche il racconto di Maniacco va ricordato, perché nelle ultime pagine narrava con epica tonalità il passaggio del Natisone da parte dei partigiani comunisti la notte di Natale del ’44 per unirsi al Nono Corpus di Tito. Un episodio già descritto nel libro di Vanni. Abbiamo combattuto insieme, e ripreso dall’autore di questo articolo, in quella sua piccola Guerra e pace che è La Malga di Sir.
La mia antologia aveva il titolo Racconti di Nord-Est e recava la data “aprile 1976”. Il libro fu pubblicato dall’editore Gremese, friulano che opera a Roma, ed ebbe diffusione nelle scuole nazionali. Dunque, allo stato attuale delle mie conoscenze, la parola Nord-Est fu inventata da me, per indicare, come è detto nell’introduzione, il Friuli, che in effetti è il Nord-Est più Nord-Est che ci sia.
Qualcuno aveva usato la parola prima di me?
Usata naturalmente, in modo importante, ossia in un titolo di libro, o almeno di giornale, come Meccoli e Me?
Se costui esiste, si faccia avanti e batta un colpo. Quando penso a questa faccenda mi viene un sorriso spontaneo. Ho scritto più di trenta libri ne ho pubblicali venticinque, ho all’attivo molto più di mille articoli e decine di saggi. Ma forse un giorno sarò ricordato soltanto come inventore della parola Nord-Est, e tutto il resto sarà caduto dentro il pozzo di un silenzio totale. Può darsi. Il destino spesso ordisce alle nostre spalle beffe bizzarre, che vanificano tutte le nostre speranze e il lavoro di una vita intera. Chi vivrà vedrà.