Carlo Sgorlon, scrittore e narratore Friulano

Lontani ricordi di profuganza

Giacché la benignità del destino in questi duri momenti ha serbato alla nostra piccola Patria quassù una relativa quiete, in confronto dei fratelli del meridione, rivolgiamo un commosso pensiero di simpatia a loro .

Qualcosa di simile abbiamo provato anche qui nell'altro conflitto mondiale. Ora il triste episodio caporettiano è svanito, offuscato dalla luce dei nuovi eventi che incalzano sempre più travolgenti. E' rimarginato l'effetto di quel tragico fine d'ottobre che vide incanalata la fiumana avversaria anche per i passi del tarcentino e del cividalese, la quale travolse l'ultimo conato precario dei nostri sul greto del Torre e sui contrafforti prealpini del levante friulano per dilagare su queste miti colline.

Evasione

Pur io decido in fretta coi miei di evadere, coi rari fuggiaschi paesani: quei pochi che ingenuamente hanno bevuto la losche panzane propalate ad arte dalla perfida tracotanza di Albione, che inventa mutilazioni crudeli sull'infanzia dei Paesi Bassi, attribuite ai germanici di passaggio, per farci supporre che qualcosa di simile dobbiamo aspettarci anche qui dall'invasore.

Perciò nessuna titubanza nell'affrettare la fuga con ciò che capita tra mani dell'indispensabile, per lasciare il rimanente alla mercé del destino. E s'inizia il triste esodo a piedi, per l'interminabile cammino fangoso che dura dalla mattina alla notte, sotto la furia di un persistente diluviare. Mentre i piccoli che ci seguono nel duro sforzo resistono miracolosamente, come sostenuti da una consapevole serietà, sfidano l'implacabile elemento, compresi pur essi della ineluttabilità della tragica sorte; e non fanno udire che a rare intermittenze voci e domande.

Raggiunta a tarda notte una prima tappa alla stazione ferroviaria e varcata la piena straripante del fiume, si può prendere un po' di quiete, per quanto lo permette la ressa sconvolta di altri evasi da paese montani.

Sorvolo su quel proseguire insicuro nell'interminabile trambusto. Sono vicissitudini ripetute da anni. Né occorre accennare ai lunghissimi giorni di sballottamento sulle traballanti tradotte improvvisate, intercalato da soste affannose, sopportate alla friulana, con cieca rassegnata costanza finché si giunge alla città destinata ad accogliere la massa raminga anelante al riposo.

Trascorso un breve primo conforto nei posti preordinati di assistenza civile (si dice così) l'incertezza diffusa e spaesata di quelle misere accolte si sperde per le contrade commosse della bella città, in traccia di una sistemazione qualsiasi.

Fra i tanti, il caso particolare della mia famigliola impietosisce una pallida cittadina incontrata per via. Ci ferma, ci parla e ci conduce a sostar brevemente da lei. Poi ci indirizza ad una sua villa situata lassù sull'incanto del colle fiesolano, intravvisto dalla città, dove si troverebbe comodo asilo.

Ospitalità deliziosa

Un sogno quell'inattesa fortuna; quel riparare, dopo tanta travagliata incertezza, lassù in quel delizioso paese, notoriamente saturo di soleggiate bellezze, di rinomanze e di miti, di soavi sentori poetici, di lucenti ricordi di arte e di storia, presso la culla della nostra rinascenza migliore.

Ospitalità generosamente cordiale, trovata lassù da tanti friulani, che tu sia per sempre benedetta.

La quasi tranquillità di quel nuovo insperato rifugio, nella larga accoglienza da parte dei buoni paesani appartati colà, ci par come amareggiata da una punta di rimorso, pensando alla sorte, forse tragica, dei rimasti in Friuli, destinati a chissà quali stenti ed oltraggi per la supposta tracotanza dell'invasore, benché ci conforti la certezza che l'irruenza avversaria s'infrangerebbe contro i petti d'acciaio dei nostri, e un ritorno sicuro e non lontano alle case deserte.

Ed ora come si campa in questa immeritata beatitudine? A qualche occupazione bisogna pure acconciarsi. Io non sogno aiuti e provvidenze all'infuori di quanto può derivare dal mio lavoro. E quante volte sono sceso in città per chiederlo senza trovarlo?

Poi mi do pace. E tra gli scampati si procede, per sentita necessità, a combinar conoscenze e contatti amichevoli col proposito intanto di raccapezzarci e trascorrere un primo tempo in riposate escursioni. Si iniziano subito sulla variata attraenza di quei poggi, da quello culminante di S. Francesco, che presenta la vetustà preziosa del monastero e del Santuario. Poi giù per declivi e valloncelli di tutte le sagome che spiegano all'infinito la degradante quiete dei sempreverdi in bella vicenda di lustre chiome argentee di ulivi contorti e rigoglio riposto di colli ristretti, che già in febbraio offrono anche vivaci sprazzi di rose e di mandorli, fino a lambire il sottoposto incanto della fiorita città, spartita laggiù dal lucido nastro del fiume: declivi, chine e spiazzi ornati di ville, di giardini e di parchi opulenti, dal fitto mistero in una custodia massiccia di recinti che spaziano a perdita d'occhio; e ancora: spingerci giù fino allo sconvolto Mugnone; poi oltre su per Campeggi, a ponente a guadagnare l'altura di Trespiano per ammirare il gran cimitero nel suo lucente candore di marmi, tra il folto cupo dei cipressi svettanti nel sole, nel vastissimo spiano inclinato; o via a Nord al monte Senario per curiosare ai paraggi del famoso convento, ove i monaci, in raccolta preghiera, distillano fervorosi gli aromati licori; e passar oltre, alle Caldine e a Vetta le Croci; siti riposati e accoglienti, poi a Levante sul monte Coeceri scompaginato dalle cave operose, e più in la trattenerci nella placidità dei buoni bicchieri a Maiano, patria di fra Benedetto; indi via a Settignano, tutta sole a dare un'occhiata alla Capponcina fervorosa e travagliata del Poeta Soldato, o passare dalla immensa abetaia, che aduggia i gravi torrioni di Vincigliata; e per ultimo far capo a Campiobbi; quando non si pensi ad alternare alla spicciolata le gite in discesa per S. Domenico e S. Marco, vetusti e onusti di storia, per raggiungere la città e ricrearci altrimenti nel contemplare le sue rinomanze o percorrere gli ariosi Lungarni.

Mentre i più dei nuovi ospitati in quel delizioso si adattano con passiva indolenza a un ozio venuto dal caso,si rassegnano a condurre la giornata in chiacchiere vuote, cercando i diversivi accanto al bicchiere o alternare esilaranti villotte dialettali, specie nei ritorni serali dalle lunghe camminate, canti che al buio eccedono anche e dan noia alla serietà del paese ospitale, io preferisco un posto gratuito al Comitato locale di assistenza ai profughi, intento a profondere generosi soccorsi.

Scuola pei mutilati

Poi mi viene un incarico: impartire lezioni ai soldati minorati di guerra, venuti dalle infermerie o dagli ospedali in ricovero qui per completare la cura nel locale del seminario lasciato all'uopo dai chierici e destinato a speciale sanatorio. E' un edificio assai comodo accanto al palazzo Vescovile e alla cattedrale, di serena imponenza, che porta intenzionalmente i davanzali assai rialzati, per impedire (ai seminaristi s'intende) di distrarre lo sguardo oltre l'ampiezza delle finestre.

Strani scolari mi sono affidati e non agevole compito impartire quelle lezioni. Varietà di tipi, di temperamenti, di capacità, di tendenze, di carattere. Provengono da tutte le nostre regioni. Su un centinaio di alunni, divisi in classi dalla lll alla Vl (prima e seconda formano un altro reparto sotto una giovane maestra) si sarebbero dovuti differenziare, nucleandoli, forse, in una decina di sezioni, a voler badare alle disparate loro attitudini e al gradi d'istruzione prima ricevuta. Salvo qualche riluttante o non persuaso, che bisognava adescare con espedienti usati coi fanciulli; la frequenza benché non proprio costretta, è quasi totale; ma tranne rare eccezioni, il desiderio d'apprendere non è in ragione diretta della perspicacia, e la puntualità amorevole di intervenire a lezione spicca meglio nei più dirozzati e più ancora nei tipi più svegli o evoluti, alcuni dei quali provenienti dai primi anni di scuola media; e per questi devo occuparmi con impegno separato e diverso.

Le minorazioni patite da quei poveretti (la più parte contadini, popolani, operai) dal grado massimo al minimo, comprese le amputazioni gravi degli arti, superate e completamente guarite, quasi nulla pregiudicano l'applicarsi con fervore in esercitazioni grafiche o d'altra natura. Anzi noto delle contingenze davvero singolari. Taluni dopo essersi acconciati a servirsi della sinistra in mancanza della destra, sanno usare i moncherini, anche se privi d'ambo le mani e scrivono e disegnano , con disinvoltura discreta, da gareggiare forse con dei commilitoni meno infortunati.

Bisogna però compatirli se non sempre si comportano in modo corretto; e anche il signor colonnello, direttore di quell'istituto, nonché le pazientissime suore e le brave crocerossine usano benevolenza e chiudono un occhio, specie di sera, quando è più sentita la necessità di esprimere confidenzialmente le tenerezze impulsive, che possono anche indurre a infrazioni disciplinari (non i gravi però), come saltare la barra, introdurre provviste arbitrarie clandestinamente, compreso qualche fiasco di chianti, improvvisare da caposcarichi delle pantomine che fanno arricciare il naso alle monache o combinar recite buffe, cantate facete da provocare delle risa clamorose e sboccate.

Un dì corse voce che la scuola sarebbe ispezionata da S.M. il Re Soldato qui di passaggio. Figurarsi la sorpresa, non disgiunta da certa apprensione per l'umile pedagogo, cui è affidato un impegno da non prender tanto alla leggera. Ma poi si disdice quel massimo onore, e invece, in nome del Re la visita si effettua da un generale Comandante d'Armata, il quale si compiace sia dell'esito del precario insegnamento come della provvidenziale istituzione.

Frattanto finisce l'ottobre e ci capita fulminea e quasi ancora inattesa, per quanto nutrita con sicurezza impaziente da tutti, la novella della folgorante vittoria.

L'avversario costretto alla fuga avrebbe immediatamente sgombrato anche il nostro disgraziato Friuli, e, finalmente, dopo un anno giusto d'assenza, avremmo potuto riaffacciarsi ai nostri liberi focolari.

In città si strappano le scritte profuse sui muri all'ultimo grave momento " resistere per esistere " e lungo le vie, animatissimamente affollate, si sostituisce di scatto un mareggiare di tricolori esultanti a perdita d'occhio.

E qui nel tranquillo rifugio che ci ha acclimatati e sedotti, scoppia immediato un impeto fragoroso di gioia, in un impazzire di abbracci, in una tenera mescolanza di visi umidi e stupiti, tra ospiti e ospitati, che resta scolpito nei cuori.

Ed ora, con questi commossi e lontani ricordi, sto pregando Iddio che alla mia cadente giornata conceda la grazia di assistere presto a quest'altra Vittoria, non come l'altra poi sabotata iniquamente, ma completa e sicura, apportatrice di pace duratura sulla Nuova Unione Europea,illuminata, come nel glorioso passato, dal faro eterno di Roma.

 

Pietro Mattioni

 

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